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Governo Conte: cosa succede adesso

Il premier è atteso al Quirinale per un incontro con Mattarella. Dovrà spiegare come intende andare avanti. L'idea di un gruppo e di un partito. I posti disponibili nel possibile rimpasto. E il rischio di dover cambiare tutto. O di cadere al prossimo agguato parlamentare

La Var del Senato ha validato ieri sul filo di lana i due voti di Lello Ciampolillo e Riccardo Nencini portando il governo Conte a raggiungere quota 156 e a ottenere così la fiducia ma non la maggioranza relativa. Ma una vittoria del genere non può bastare. Perché è stata ottenuta grazie all'apporto decisivo dei senatori a vita, di transfughi di Forza Italia e di Italia Viva. E allora cosa succede adesso? 

Governo Conte: cosa succede adesso 

Partiamo da Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio dovrà presentarsi presto (forse già oggi) al Quirinale per informare ufficialmente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulle sue intenzioni. Il fatto che l'asticella alla fine si sia fermata a cinque voti dalla maggioranza assoluta mette a rischio il suo governo su qualsiasi provvedimento. E soprattutto gli garantisce una vita difficilissima nelle commissioni, dove i presidenti e la composizione sono stati votati quando in maggioranza c'era ancora Italia Viva e adesso le cose sono cambiate. La maggioranza è in vantaggio in quattro: Finanze, Agricoltura, Lavoro e Politiche Ue. C'è una sostanziale parità in Affari Costituzionali, Difesa, Giustizia, Bilancio, Esteri e Industria. Nelle altre quattro (infrastrutture, sanità, cultura e ambiente) è sopra l'opposizione. 

L'idea del premier era (ed è ancora, secondo alcuni) quella di creare un gruppo di "contiani" che poteva essere il crocevia di una discesa in politica alle prossime elezioni (il nome del partito, riferiscono i maligni ai giornalisti, c'è già: "Insieme"). Alla Camera potrebbe essere non così difficile nel nome di Bruno Tabacci, che dopo aver portato in pullman +Europa in parlamento è pronto al salto di qualità. Anche Renata Polverini pare pronta al grande salto: "Mi iscriverò al gruppo Misto e poi vedrò le evoluzioni che ci saranno, se ci saranno. Al centro c’è uno spazio immenso che né Renzi prima né Calenda dopo sono riusciti a occupare, ed è lo spazio lasciato libero da Forza Italia. Quello di chi si riconosce nei valori del Partito popolare europeo, dei moderati, dei liberali". Il problema è il Senato. Dove i Costruttori Responsabili per Conte non abbondano come sembrava alla fine della scorsa settimana. E allora la road map prevede che prima si voti il decreto ristori, poi si stili un patto di legislatura e in seguito si agisca sul rimpasto di governo. Ma senza dimissioni. O almeno questa è l'intenzione di partenza. Dopo il colloquio di Conte al Quirinale potrebbe cambiare tutto. 

Intanto però c'è un altro problema con i numeri: ieri Conte ha racimolato 156 voti ma è anche interessante notare che i no sono stati 140 e le astensioni (dei senatori di Italia Viva) 16. La somma fa appunto 156 e ai renziani mancava un senatore (così come alla maggioranza, dicono i contiani). Che vi sia un "problema di numeri" lo mette a verbale anche il premier: "se non ci sono, il governo va a casa", dice chiaro e tondo davanti ai senatori. Dove ingaggia anche un duello con l'ormai rivale Renzi: l'ex premier sceglie di intervenire in discussione generale, così da garantirsi la replica del premier. Lo accusa di "non essere salito al Quirinale per paura" e di chiudersi in "un arrocco dannoso". E c'è anche chi non dà per persi i renziani: "Da giovane deputato del Partito liberale una delle prime cose che capii a Montecitorio è che in politica non si dice mai la parola mai. Mi sembra che ieri Renzi abbia chiuso definitivamente, e per me è un errore. L’apertura di Conte della scorsa settimana andava raccolta", dice il capogruppo Pd in Senato Andrea Marcucci. 

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Conte-ter o rimpasto?

Secondo il quirinalista Marzio Breda, che ne parla sul Corriere della Sera, Mattarella farà notare a Conte la debolezza strutturale del suo esecutivo. Ma va detto che a norma di Costituzione il premier potrebbe anche non presentarsi, spiega il quotidiano, mentre il presidente della Repubblica entra in gioco soltanto quando viene meno il rapporto di fiducia tra Parlamento e governo. Il che non è ancora accaduto. 

L’avvocato deve trovare in fretta almeno cinque, sei «costruttori», anche perché i senatori a vita Segre, Monti e Cattaneo spesso non prendono parte ai lavori di Palazzo Madama. «I numeri presto aumenteranno», si dice fiducioso Conte. Sì, ma come? Nel Pd c’è chi spera che la ricomposizione con Italia viva sia solo questione di tempo, ma il premier ha orgogliosamente «voltato pagina» e sogna di portare via a Renzi più senatori possibile. Lasciandolo dall’altra parte del campo.

Le strade sono quelle del rimpasto (come vorrebbe il premier) o del Conte-Ter. Con il rimpasto il presidente del Consiglio sostituirebbe le due ministre di Italia Viva e il sottosegretario Scalfarotto per chiudere una partita in poco tempo e incassare così una nuova fiducia dalle camere. Sul piatto ci sono solo Agricoltura, Famiglia e un sottosegretario. Poi c’è la delega ai Servizi segreti, che sembrava destinata al segretario generale di Chigi Roberto Chieppa e che invece potrebbe tornare in palio. Con il Conte-Ter si aprirebbe una trattativa lunga con i partiti e sarebbero molte le caselle del governo a entrare in discussione. A quanto apprende l'Adnkronos, Giuseppe Conte e i suoi fedelissimi hanno ben in mente la roadmap: chiudere la partita, tutta in salita dopo l'uscita di Iv, entro fine mese, non un giorno di più. Mantenendo nel frattempo l'interim dell'Agricoltura, casella orfana dopo l'addio di Teresa Bellanova, per poi fare - una volta rafforzato il pallottoliere delle due Camere - un rimpasto sostanzioso o un Conte ter, ipotesi che non è affatto naufragata, anzi, aleggia nell'aria ed è, per alcuni ministri, l'unica possibilità per uscire dalle secche. Dieci giorni, anche se c'è chi teme di averne anche meno, perché per il Colle rischiano di essere troppi: fare veloce è infatti una delle raccomandazioni arrivate con chiarezza dal Quirinale.

L'esponente dem Goffredo Bettini, spesso indicato come uno dei consiglieri più ascoltati da Zingaretti, in un'intervista rilasciata a La Stampa parla di "terza gamba liberale" da aggregare alla coalizione: "Era importante prendere la fiducia: si tratta di un sufficiente punto di partenza; dobbiamo verificare rapidamente se c'è un processo di allargamento a quella 'terza gamba' liberale e moderata della quale ho parlato sin da agosto. Se tutto questo non accade, una volta passata la buriana e abbassati i contagi, andiamo al voto. Non ci sono alternative". "Io credo possa materializzarsi in modo sincero e serio quella 'terza gamba' della coalizione della quale parlai per primo ad agosto - osserva - con un nucleo di persone che sinora non hanno avuto l'intenzione di manifestarsi davanti all'incertezza sulla fiducia. Un nucleo che sia pronto ad essere parte del governo perché crede in una prospettiva politica liberale, riformista, moderata che tenga conto in modo rigoroso della discriminante europeista".

La contropartita per i Volenterosi Costruttori Responsabili per Conte

Secondo Bettini, serve un'area che sappia raccogliere l'elettorato di area liberale e sappia superare le divisioni. "Se si realizza quella disponibilità anche sul piano dei numeri, allora ci consolidiamo, facciamo un Piano di fine Legislatura, ristrutturiamo il governo e puntiamo ad andare avanti sino al 2023. I tempi dovranno essere accelerati - conclude - sia detto senza acredine ma Renzi mi fa ridere: Salvini ha detto voto. La destra della Meloni ha detto voto. O si rimette a posto questo governo, o si va ad elezioni non c'è alternativa".

Ma ai 'volenterosi' occorrerà offrire una contropartita, per questo la strada del Conte ter ad alcuni appare difficile da abbandonare. "Tutti gli indizi portano lì", osserva un ministro di peso. E a complicare le cose, in prospettiva, è il regime di prorogatio in cui vive il M5S, con il capo politico Vito Crimi il cui mandato è scaduto il 31 dicembre scorso. Anche se alcuni beninformati sostengono che il garante Beppe Grillo - piantando diversi paletti - lo abbia in realtà prorogato fino a elezione del nuovo organo. Secondo La Stampa Conte potrebbe aumentare il numero di posti di governo fino a 70 tra ministri e sottosegretari per accontentare tutti. Tirando fuori altri tre ministeri attraverso lo spacchettamento di Trasporti/Infrastrutture, Cultura/Turismo e Sport/Giovani.

E intanto, racconta Il Messaggero, l'ultima offerta di Renzi al Partito Democratico prevede ancora in premessa la testa di Conte, nonostante i proclami in cui si sosteneva il contrario. Il tutto nonostante sia più probabile che siano i renziani a perdere pezzi con l'approdo in maggioranza di Riccardo Nencini e di altri senatori che potrebbero uscire in questi giorni da Italia Viva.

L’ex premier in Aula ha già messo la parola fine sul Conte 2: «Serve un governo più forte». Perché se anche con i fedelissimi si limita a ripetere che «la palla sta al premier», è altrettanto evidente che il senatore di Rignano ormai guarda oltre.

In realtà anche le ipotesi di trovare un nuovo inquilino per Palazzo Chigi non sono del tutto tramontate. I nomi sono sempre quelli di Mario Draghi e Marta Cartabia. Ma per tornare a discuterne prima ci vorranno le dimissioni del premier. E la giornata di ieri ha dimostrato che Conte non ha nessuna intenzione di darle. 

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